30 Sept 2013

Perche' mi sono innamorata del velo

Articolo di Yvonne Ridley, giornalista inglese ritornata all'Islam.
(tradotto da Nicolvaleri)

Politici e giornalisti amano proprio scrivere sull’oppressione della donna Musulmana… senza nemmeno parlare con le donne che sono sotto il velo. Essi non hanno proprio idea di come le Donne Musulmane siano protette e rispettate all’interno della cornice islamica che fu costruita più di 1400 anni fa. Eppure ancora scrivono a proposito delle questioni culturali come ad esempio le spose bambine, la circoncisione femminile, i delitti d’onore e i matrimoni imposti; erroneamente credono di esprimersi con cognizione di causa. E sono stufa che l’Arabia Saudita sia citata come esempio di come le donne siano soggiogate in un paese dove viene vietato loro di guidare. Le sopracitate questioni non hanno proprio nulla a che vedere con l’Islam eppure ancora scrivono e parlano di loro con un aria autoritaria in maniera arrogante, incolpano erroneamente l’Islam. Per piacere non confondete il comportamento culturale con l’Islam.
Mi è stato chiesto di scrivere come l’Islam permetta agli uomini di picchiare le proprie mogli. Mi spiace per voi, ma non è vero. Si’, sono sicura che chi fa della critica sull’Islam citerà a caso qualche verso Coranico o Hadith ma sono tutti presi fuori dal contesto. Se un uomo alza un dito su sua moglie, non gli è permesso lasciare nessun segno sul suo corpo… è un altro modo per il Corano per dire :”non picchiare tua moglie, sciocco”.
Ora diamo uno sguardo a delle interessantissime statistiche, hmm. Sento quasi solo le parole “da che pulpito viene la predica” (ndt gioco di parole con pot kettle black ). Secondo la National Domestic Violence Hotline, quattro milioni di donne americane sperimentano una grave aggressione dal proprio partner in una media di 12 mesi. Su questa media, più di tre donne sono assassinate dai loro mariti e fidanzati ogni giorno… questo equivale a 5.500 donne picchiate a morte sin dall’11 settembre. Alcuni potrebbero dire che questa è una scioccante criminizzazione su tale società civilizzata, ma prima che io sembri troppo compiaciuta, devo dire che la violenza contro le donne è una questione globale. Gli uomini violenti non vengono da nessuna particolare categoria culturale o religiosa. La realtà è che una donna su tre in tutto il mondo è stata picchiata, costretta a fare sesso o altrimenti abusata durante la sua vita.
La violenza contro le donne trascende la religione, la ricchezza, la classe sociale, il colore della pelle e la cultura. Comunque, finchè l’Islam è entrato in scena le donne erano trattate come esseri inferiori. Infatti noi donne abbiamo ancora un problema in occidente dove gli uomini pensano di essere superiori. Ciò si riflette nella struttura delle paghe e delle promozioni; proprio attraverso la gamma che va dalle donne delle pulizie alle donne in carriera che lo attuano nel consiglio di amministrazione. Le donne occidentali sono ancora trattate come prodotti, dove la schiavitù sessuale è in rialzo, mascherata da eufemismo di marketing, dove i corpi delle donne sono commercializzati nel mondo della pubblicità. Come ho detto prima, questa è una società dove lo stupro, l’aggressione sessuale e la violenza sulle donne è un luogo comune, una società dove l’uguaglianza tra uomini e donne è un’illusione, una società dove il potere femminile o la sua influenza si relaziona solo sulla misura del suo seno.
Un tempo vedevo le donne col velo come creature silenziose, oppresse ed ora le vedo piene di talento, abili e piene di risorse dove il loro senso di “leale relazione tra sorelle” sbiadisce il femminismo occidentale e lo porta all’insignificanza. Il mio punto di vista è cambiato dopo la terrificante esperienza di essere stata arrestata dai Talebani per essermi intrufolata in Afghanistan nel settembre 2001 indossando il burka. Durante i dieci giorni di prigionia, ho fatto un patto, per cui se loro mi avessero lasciata andare io avrei letto il Corano e studiato l’Islam. Contro ogni probabilità, il patto funzionò e fui rilasciata. In cambio ho mantenuto la parola, ma come giornalista che si occupava di Medioriente ho realizzato che avevo bisogno di espandere la mia conoscenza di una religione che mi appariva un modo di vivere.
E no. Non sono una vittima della sindrome di Stoccolma. Per essere una vittima devi essere legata a chi ti cattura. Durante la mia prigionia ho litigato, ho giurato, maledetto e insultato i miei carcerieri, come pure ho rifiutato il cibo e ho fatto lo sciopero della fame. Non so chi fosse più felice quando fui liberata- loro o io! Leggere il Corano sarebbe stato, pensai, un esercizio accademico semplicissimo. Rimasi sbalordita nello scoprire che esso dichiarava chiaramente che le donne siano eguali spiritualmente, nell’educazione e nel loro valore. Il dono da parte di una donna di un figlio e il suo allevamento è molto preso in considerazione come qualità e attributo. Le donne Musulmane dicono con orgoglio di essere le governanti della famiglia e della casa. Inoltre il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse che la persona più importante in casa è la madre, la madre e la madre. Infatti disse anche che il paradiso giace ai piedi della madre. Quante donne cercano di essere prime della lista per essere semplicemente una “grande madre?” Con l’islam scegliere di rimanere a casa e crescere i figli dà una nuova dignità e rispetto ai i miei occhi, come quelle sorelle tra noi che scelgono di uscire a lavorare e avere carriere e professioni. Poi pensai di leggere sull’eredità, le tasse, la proprietà e le leggi sul divorzio. Questo è dove forse Hollywood prende l’ispirazione. Per esempio la donna terrà ciò che possiede e guadagna, mentre l’uomo dovrà dare la metà di tutto. Non sembra buffo come i media si eccitino alla prospettiva di osservare un accordo prematrimoniale di qualche stella del cinema o pop? Le donne Musulmane già facevano contratti prematrimoniali sin dall’inizio dell’era islamica. Esse possono scegliere se vogliono lavorare o no e tutto ciò che guadagnano è per le loro spese personali, mentre il marito deve pagare per tutto in casa e il mantenimento della famiglia. Proprio tutto ciò che le femministe hanno cercato di ottenere negli anni ‘70 era già a disposizione per le donne di 1400 anni fa.
Come ho detto, l’ islam dà dignità e porta a rispettare la maternità e l’essere moglie. Se vuoi restare a casa, stai a casa. E’ un grande onore essere casalinghe ed essere la prima educatrice dei tuoi bambini. Ed ugualmente il Corano dichiara che se vuoi lavorare, lavora. Se vuoi essere una donna di carriera, apprendi una professione, sii una politica. Sii quello che vuoi essere ed eccelli in quel che fai come Musulmana perchè qualsiasi cosa fai è per lodare Allah (swt).
Vi è una concetrazione o una messa a fuoco eccessiva, quasi irritante sull’abbigliamento della donna Musulmana, in particolare dagli uomini (sia Musulmani che non-Musulmani). Si, è un obbligo per le donne Musulmane vestire modestamente, ma in aggiunta, vi sono molte altre questioni che riguardano le donne Musulmane oggi. E ancora tutti non pensano ad altro che all’hijab. Vedete, esso è parte della mia tenuta di lavoro. Esso ti dice che sono Musulmana e quindi mi aspetto di essere trattata con rispetto. Vi immaginate se qualcuno dicesse ad un dirigente di Wall Street o ad un banchiere di Washington di indossare una T-shirt e dei jeans? Vi direbbe che i suoi abiti lo rappresentano durante le sue ore lavorative, mette in chiaro che lui debba essere trattato seriamente. Eppure in Gran Bretagna abbiamo avuto l’ex ministro delgli esteri, Jack Straw, che descriveva il Niqab (il velo che mostra solo gli occhi) come una barriera non gradita. Quando, ma quando, impareranno gli uomini a tener la bocca chiusa riguardo il guardaroba femminile? Abbiamo pure visto i ministri Gordon Brown e John Reid esprimere commenti dispregiativi riguardo il Niqab; questi due uomini vengono dal confine Scozzese dove gli uomini indossano i gonnellini! Poi abbiamo già visto una serie di altri parlamentari entrare nella mischia che descrivevano il Niqab come una barriera per la comunicazione. Che carico di sciocchezze. Se questa era l’argomentazione, qualcuno può spiegarmi perchè i cellulari, i telefoni fissi, le email, i messaggi di testo e i fax siano di uso quotidiano? Chi ascolta la radio? nessuno spegne la radio perchè non vede la faccia del presentatore. La maggioranza delle sorelle che conosco, che han scelto di portare il Niqab, sono in realtà bianche; Occidentali convertite che non vogliono più l’attenzione non gradita di quei pochi uomini dallo sguardo furtivo che vogliono provarci e affronteranno le donne e si lanceranno verso comportamenti inappropriati. Badate, ci sono un paio di sorelle londinesi che conosco che dicono di mettere il Niqab durante le manifestazioni per la pace, perchè non sopportano l’odore degli spinelli.
Temo che l’Islamofobia sia diventata l’ultimo rifugio delle canaglie razziste. Ma la codardia, gli attacchi sciovinisti lanciati (gran parte sono uomini) è inaccettabile per le Musulmane, come anche per le loro sorelle secolari della sinistra. Sono stata una femminista per anni ed ora, da femminista Musulmana, ancora promuovo i diritti delle donne. La sola differenza è che le femministe Musulmane sono più radicali delle loro controparti secolari. Tutte odiamo quegli orrendi concorsi di bellezza, e abbiamo cercato di reprimere le risate quando è venuta sulla scena Miss Afghanistan in bikini ed è stata acclamata come il salto da gigante per la liberazione delle donne in Afghanistan.
Sono tornata in Afganistan molte volte e vi posso dire che non ci sono donne in carriera che emergono dalle macerie a Kabul. Le mie sorelle Afgane sperano che l’Occidente abbandoni la propria ossesione per il burka. “Non cercate di trasformarmi in una donna in carriera, trovate prima un lavoro a mio marito. Mostratemi il modo di mandare i miei figli a scuola senza paura di essere rapiti. Datemi la sicurezza e il pane a tavola”, mi disse una sorella. Le giovani Musulmane femministe vedono l’Hijab e il Niqab sia come simboli politici che come esigenza religiosa. Alcuni dicono che sia il loro modo di mostrare al mondo il rifiuto dell’eccessivo stile di vita occidentale nella frenesia del bere, del sesso occasionale e dell’assunzione di droghe ecc. La superiorità nell’Islam trova compimento nella devozione; non nella bellezza, nella ricchezza, nel potere, nella posizione o nel sesso. Ora ditemi voi cosa sia più liberatorio. Essere giudicate sulla lunghezza della tua gonna e la misura dei tuoi seni aumentati dal bisturi, oppure essere giudicate per il vostro carattere, mente ed intelligenza? Le riviste patinate ci raccontano che a meno che non siamo alte, magre e belle non siamo amate né desiderate. La pressione fatta sulle riviste per le lettrici adolescenti di avere il fidanzato è quasi oscena.
L’Islam mi dice che ho il diritto all’educazione ed è mio dovere uscire e cercare la conoscenza, che sia single o sposata. In nessun luogo all’interno della cornice dell’Islam ci viene detto che come donne dobbiamo lavare, pulire o cucinare per gli uomini- ma questo non riguarda solo gli uomini Musulmani il dover rivalutare le donne nella loro casa. Andatevi a vedere la manipolazione che comunica il discorso di Pat Robertson (1992) che rivela i suoi punti di vista sulle “donne resesi autonome”. E ditemi poi chi è il civilizzato e chi è che non lo è.
Egli disse: “IL FEMMINISMO INCORAGGIA LE DONNE A LASCIARE I PROPRI MARITI, AD UCCIDERE I LORO FIGLI, A PRATICARE LA STREGONERIA, A DISTRUGGERE IL CAPITALISMO E A DIVENTARE OMOSESSUALI”.
Eccovi un americano che vive in un’era pre-Islamica, il quale ha bisogno di modernizzarsi e civilizzarsi. La gente come lui porta un velo e dobbiamo strappar via quel velo di bigotteria, così che la gente possa vedere l’Islam per quello che è.

Yvonne Ridley

15 Sept 2013

La storia di Abu Talha Al-Ansari


 
Un po' di storia...per conoscere meglio i personaggi che hanno rappresentato meglio lo spirito ed i valori del vero Islam.

Zayd ibn An-Najari anche noto col kunya di Abu Talha Al-Ansari fu un generosissimo Sahabah che visse in Medina al tempo in cui il Profeta (pace e benedizioni su di lui) visse lì. Egli era degli Ansari cioè degli abitanti di Medina convertitisi all’Islam che ospitarono gli emigranti da Meccah e fu noto per l’immensa generosità, nobiltà d’animo, destrezza, abilità militare, coraggio e rettitudine.

Egli chiese ad Ar-Rumaysa bint Milhan an-Najjariyah, altrimenti nota col kunya Um Sulaym, di sposarlo perché rimasta vedova. Ella era una donna di alte qualità morali ed intellettuali. Era sicuro che ella non avrebbe rifiutato la sua proposta di matrimonio visto che egli era molto ricco, di un alto rango sociale ed era mature, cioè della giusta età per la vedova. Inoltre era uno dei più audaci combattenti di Banu Najjar e uno dei migliori arcieri di tutta Yatrib. Quando lui le chiese la mano, ella rispose che un uomo del suo rango era fin troppo positivo da rifiutare, eppure ella lo rifiutava perché Mushrik. Abu Talha pensò che questa fosse soltanto una banale scusa e che la donna avesse già accettato la mano di qualcun altro probabilmente più ricco di lui. Egli le chiese: “Dimmi la verità, qual è il motivo per cui non vuoi sposarmi?” Ella rispose: “Pensi ci sia un’altra ragione oltre quella che ti ho appena detto?” “Giallo e bianco: oro e argento, questo è quello che penso” disse lui. “Oro e argento!” esclamò la donna. E poi aggiunse: “Ti invito a testimoniare Abu Talha, e chiamo Allah e il Suo Profeta, pace e benedizioni su di lui, a testimoniare che se accetti l’Islam come tua religione, accetterò di sposarti e non ti chiederò né oro né argento. Il tuo Islam sarà la mia dote.”

Non appena udì queste parole, Abu Talha iniziò a pensare al proprio idolo che era fatto da un legno raro e prezioso ed era il suo totem personale, stando al costume della nobiltà della sua tribù. Umm Sulaym voleva battere il ferro finché caldo dunque continuò: “Abu Talha, sai che questa divinità che tu veneri al posto di Allah (“Il Dio”) è venuta fuori dalla terra?” “Certo” egli rispose.
“Non hai vergogna di venerare un pezzo di legno al quale tu stesso hai dato forma di dio, pur sapendo che altri hanno adoperato le altre parti dell’albero per alimentare le propri stufe o per cuocere il pane? Se diventerai un buon musulmano, Abu Talha, ti accetterò come marito, e non ti chiederò altra dote se non il tuo Islam.”
“Ma come posso diventare un bravo musulmano?” egli chiese. “Te lo dirò. Devi pronunciare quella che è la verità e testimoniare che non c’è altro dio all’infuori di Allah e che Muhammad, pace e benedizioni su di lui, è il Suo Messaggero. Poi ti rechi a casa, distruggi il tuo idolo, e lo getti via.”

Abu Talha compiaciuto disse: “Testimonio che non c’è altro dio eccetto Allah e testimonio che Muhammad è messaggero di Allah.”

Poco dopo i due si sposarano e i musulmani di Medina dicevano: “Non abbiamo mai udito di una dote più virtuosa di quella di Umm Sulaym, perché ella ha richiesto in dote l’accettazione [sincera] dell’Islam.”

Da quel giorno in poi Abu Talha divenne un devoto e pio musulmano, anzi pose tutte le proprie energie al servizio della propria fede. Egli amò e stimò profondamente il Profeta, pace e benedizioni su di lui.

Tra le proprie ricchezze, era noto per possedere molti giardini con alberi di palma, tra cui uno bellissimo nel quale scorreva un fiume le cui acque erano pure e presso il quale il Profeta, pace e benedizioni su di lui, soleva sostare per dissetarsi. Abu Talha lo donò in beneficenza ai poveri  e il Profeta, pace e benedizione su di lui, gli disse che ciò gli avrebbe arrecato un grande profitto nell’aldilà.
La storia di Abu Talha non è soltanto una stupefacente storia di amore e di generosità, ma altresì una storia di coraggio. Egli difese come meglio potè il Profeta, pace e benedizioni su di lui, in battaglia e poi morì lontano da casa.

3 Sept 2013

Ricordi....di Umm Hamid




 
 
Bismillah al Rahman al Rahim

Mi guardavo allo specchio con il velo, un velo assurdo, corto, una fascia colorata attorno ai capelli e al collo, non un velo come lo intendo oggi, mio marito mi diceva: Sei bellissima, le donne musulmane (mu’mininat) sono bellissime. Io non capivo, mi guardavo e mi vedevo bruttissima, soprattutto, non ero io, non ero io, non ero io, non ero la persona che avevo sempre conosciuto, amato, e che gli altri conoscevano, e amavano…

E’ vero, non ero io. NON ERO IO.

Ma la prima domanda è: chi sono IO?

Uscivo con questa assurda fascia di stoffa sintetica che mi strozzava da tutte le parti e mi dava fastidio sulla pelle e poi, a un certo punto, fuori, sulla strada, di punto in bianco, mi strappavo tutto di dosso e finalmente respiravo.. mio marito mi guardava stupefatto. Poi, dopo un po’, ha capito che non doveva dire nulla, e lasciarmi fare, ed aspettare…

Un giorno ho comprato una sciarpa-scialle color celeste-blu, mi piaceva molto, era larga, ampia, e non mi strozzava, l’ho indossata per andare ad un appuntamento per prendere un appartamento in affitto, era un periodo che cercavamo nuova casa e questi appuntamenti mi facevano impazzire, un’ansia incredibile perché non sapevo se andare con il velo o no…

Subhna Llah, quel giorno col mio velo stavo bene, mi sentivo bene, con quel celeste tinta unita, quella stoffa morbida, e masha’a Llah, a entrambi gli appuntamenti, noi due personaggi strani, io e mio marito, io con quel velo, siamo piaciuti tanto, ed entrambe le persone incontrate volevano darci la casa.

Per la prima volta, mi sentivo accettata in quella nuova strana identità, con quel velo, perché io mi ero accettata.

Con grande fatica, a circa cinque sei mesi da quella giornata stupenda, c’era un vento bellissimo fuori, ho indossato il velo per sempre….

Ma ancora, NON ERO IO.

Mi vestivo come sempre, con i miei vestiti un po’ alternativi, con le solite gonne sotto il ginocchio e con sotto i pantaloni, le maniche sempre lunghe, e questo velo che mi circondava la testa e il collo.

Non ero male, ma ancora NON MI RICONOSCEVO, non completamente.

Perché ancora, ero quella persona che cercava di piacere agli altri, di farli contenti, e pensavo così di fare contenta me stessa… pensavo molto a come apparivo davanti agli altri…

Poi, ho comprato la prima gonna veramente lunga, una gonna di velluto, simile a quelle che avevo visto portare a delle sorelle al Masjid. Una gonna lunga fino ai piedi, la mia mamma mi diceva sempre che io ero troppo bassa per mettere le gonne lunghe, e io ero molto triste per questo… Subhanallah, una liberazione, finalmente ora indossavo le gonne veramente lunghe, finalmente a 34 anni non ero più una bambina che metteva sempre le gonne corte…

Al hamdulillah Rabbi al ‘alamin, quante psicosi mi ha creato questo mondo assurdo in cui sono vissuta.

Poi ho iniziato a capire quale tipo di velo volevo: colori semplici, nero, marrone, chiari, ma a tinta unita, veli ampi, che non mi strozzavano, stoffe naturali, che non mi davano fastidio… difficile, trovare queste cose, nei mercati arabi o pakistani, molto arabi, molto pakistani, ma poco “musulmani”… Ho iniziato a capire che più lasciavo lo stile che sempre avevo cercato di seguire da occidentale, e che sempre mi aveva fatto sentire il mio corpo come inadatto, fuori posto, e più cercavo di seguire le regole semplici dell’Islam VERO, AUTENTICO, dell’ hijab autentico, più mi sentivo meglio…

Era passato un anno e mezzo: mi guardavo allo specchio, e provavo a coprire il mio viso sempre di più, la bocca, poi il naso… più coprivo il mio viso, e più esso mi appariva bellissimo… Una magia nei miei occhi…

Il NIQAB: una nuova scoperta, curiosità, ansia, paura, paura di apparire troppo bella, paura di attirare troppo gli sguardi, con quei miei occhi misteriosi che scrutano il mondo…

Non ero ancora pronta, ma intanto ecco, era arrivata la primavera, faceva caldo e non potevo più mettere il giaccone invernale… ecco che allora feci una prova… quel jilbab leggero color crema che mi regalò mia suocera…. maa sha’a Llah, mi guardo, con la gonna sotto lunga, e quel jilbab sopra, e il velo nero sopra, e mi vedo bellissima… troppo? Troppo bella per uscire davvero così fuori in giro per la strada da sola con la mia piccola bimba di un anno?

Forse gli altri, non mi vedranno così bella, penso, forse mi vedranno come una assurda ….

Mio marito mi dice, oggi, con il niqab crema chiarissimo, e il jilbab dello stesso colore, di cotone leggero entrambi: Sei bellissima, ma solo io ti vedo così, gli altri non sanno quanto sei bella.

Nelle sue parole, sento tutto il senso di quella perla racchiusa dentro la conchiglia di madreperla, qualcosa di difficile da spiegare con le parole, che si può solo vivere, sentire, sperimentare.

Non so, se riesco a trasmettere quello che sento, in questi miei ricordi, non posso spiegare forse, di cosa Allah ta’ala con l’Islam, mi ha liberata. Ero una persona molto impegnata. Impegnata, come si dice qui, nel mondo vetrina dell’occidente del XXI secolo, impegnata socialmente, culturalmente, intellettualmente, professionalmente, anche spiritualmente: corsi a destra e sinistra, esperienze alternative alla ricerca dell’energia suprema,di un dio…

Ero un’appassionata di film d’autore, andavo a tutti i festival impegnati, stavo anche dieci ore dentro un cinema, e poi le mostre d’arte, le gite on the road a dormire in macchina per mesi…

L’Islam chiede di lasciare tutto questo? Abbandonare, rinunciare? Non è una rinuncia  in realtà, non è una tabula rasa, si tratta di fare una scelta. L’alternativa a tutto questo non è il deserto, non è faccio la mamma e mi occupo di mio marito e i figli e basta, non è così. E’ come la musica: pensavo, non è possibile, perché no la musica? Poi  a un certo punto, molto presto in realtà, ho sentito dentro di me, il bisogno di silenzio, per fare posto alla preghiera, all’incontro con Dio, avevo bisogno di silenzio, sempre, perché quei ritmi, quei suoni, davvero fuorviavano la mia anima… Come quei film, impegnatissimi certo, ma che mi portavano sempre fuori dalla realtà, dalla mia realtà, da me stessa, erano una fuga…e i movimenti sociali e politici in cui mi impegnavo… e i circoli d’arte e di cinema e tutto il resto: tanti teatri diversi per inscenare una parte, la parte dell’ alternativa, brava, seria, ma anche carina, intelligente… ma a disposizione di tutti, senza difese in realtà – fuori molto forte, dentro fragile.

Una collega mi ha detto: Ma perché, neanche la libertà di bere un caffé al bar? Ma quale libertà? Subhana Llah, quanto “ho goduto”, da sola, nel mondo, sui treni, nei bar, in giro, a bere e mangiare e dormire da sola, ma dentro, come mi sentivo? Desolata, una terra desolata, a volte piangevo, così nella mia desolazione, ma non sapevo cosa e come cercare…. e ne ho provate tante, di strade!

Era l’urlo di una donna disperata, che non sapeva più dove sbattere la testa????! Me lo sono chiesta tante volte, eppure, non mi vedo così… non ero così disperata, dal punto di vista di questo mondo, avevo tutto… tutto. Ma dentro di me, non avevo niente, mi mancava Dio.

Io non sono nessuno, non sono quella che ero prima, non sono neanche forse ciò che sento ora, ma il mio attuale nome, lo sento più vicino a me stessa, perché è il  nome del mio ritorno al mio IO più vero… Non ho più timori (quasi) di mostrare me stessa al mondo, non ho più nessuna parte da recitare, non mi sento più a disagio, perché so che quello che faccio lo faccio non per me, non per piacere agli altri, non per piacere a mio marito, ma per Allah, in sha’a Llah, solo per LUI…

Lui, che ha creato tutte le cose, Lui che ha creato l’uomo da un’aderenza… Che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva… Commoventi questi versetti, mio marito mi ricorda: Dicevi che era una bella poesia… E’ vero, dicevo così, io amavo tanto le poesie, ma non ce n’è nessuna che possa eguagliare questi versi (Allah dice nel Qur’an: portate anche solo un versetto così… E nessuno, mai, è riuscito a portarlo, a produrlo), perché non sono versi di un poeta, sono parole che parlano di Verità, di una verità arcaica, presente dentro di noi come esperienza ancestrale, e per questo, ci risuonano dentro, ci rimbombano dentro…

Attraverso l’islam, l’hijab, la concezione della donna nell’Islam, io ho ritrovato il mio vero essere donna, tutto ciò che finora mi ero sempre negata… Ero una psicopatica? Avevo dei problemi psichici e con il nuovo lavaggio del cervello li ho risolti? C’è chi pensa questo, ma tanti riscontri anche con questa realtà esterna, mi fanno capire che non è così, in sha ‘a Llah.

Capisco la reticenza di donne cresciute in questo mondo, a cambiare il contenitore, io ero fissata con l’interno, prima, e pensavo, che c’entra l’esteriore?! Ma non è così, se parliamo così, vuol dire che invece all’esteriore diamo molta importanza..

Semplicemente, ciò che è dentro, lo vedo fuori, ciò che è fuori, mi parla di ciò che c’è dentro.. Per me, arrivare al hijab vero, è stato un bisogno, un bisogno di SVELAMENTO, di svelare la mia scelta esteriore al mondo.. Perché per la prima volta, non facevo un’esperienza mistica nel tempo libero, ma vivevo questa scelta in ogni attimo, ogni respiro della mia vita, perché l’Islam è il mio ossigeno, non c’è momento in cui posso farne a meno.

E poi, è stato un bisogno che non avevo mai avuto il coraggio di accettare, il bisogno di INTIMITA’, di proteggere la mia intimità dagli sguardi del mondo, qualcosa che avevo sempre cercato, andando anche agli estremi, che mi hanno prodotto molti danni dentro: nel rispetto verso me stessa, il mio corpo, la mia persona.

Rivivo dei momenti che sono stati determinanti per me in questi ultimi cinque anni (subhana Llah, devo contarli bene, perché mi sembrano pochi, eppure sono stati così intensi che mi sembrano la parte più lunga della mia vita!): il percorso iniziale incerto e confuso, passi avanti e indietro, il malessere della non decisione, dello stare un po’ qui e un po’ di là, poi il sollievo dello stacco finale, l’ingresso reale e forte dentro l’Islam (sicuramente ancora non completo), e da qui, il taglio netto con tutta una serie di legami, esperienze, situazioni e contesti di questo mondo, del mio mondo precedente, che ancora, a volte, guardo con nostalgia, ma poi subito ripenso al sollievo di questo taglio, alla pace conquistata quando sentivo di non avere più niente da nascondere agli altri della mia scelta, perché era tutta lì, manifesta e alla portata di tutti… ma sha’a Llah!

Rinunce apparenti perché in realtà non significano niente, fuori dalla visione di questa società occidentale materialistica e perduta, che ha ucciso nelle sue menti e nel suo cuore la presenza di Allah, Il Dio.

Amicizie e legami che ancora vorrei oggi recuperare,ma che si sono spenti da soli, perché erano legami dentro un comune vagare nel mondo senza una meta chiara e precisa, senza una direzione sensata.

Non voglio dire che entrare completamente nell’Islam voglia dire rinunciare a ogni contatto con chi non è musulmano, però quello che ho sperimentato io, è che soprattutto nella fase di conoscenza, di apprendimento iniziali, per me è stato fondamentale avere accanto delle sorelle (oltre alla presenza di mio marito), che mi aiutassero con la loro conoscenza e la loro esperienza, a comprendere certe cose, a sperimentare me stessa nel cammino di fede. Gli altri, tutti quegli amici, amiche, parenti etc non musulmani, non mi erano di aiuto in quel momento, generavano in me solo ansia e confusione, perché non erano in grado di rispondere alle mie domande, ai miei dubbi, non mi sapevano indicare alcuna strada (se lo fossero stati, allora perché diventare musulmana? Io che sono stata tra loro, come loro, per tantissimo tempo…).

Solo in un secondo momento, mi sono sentita pronta per ritornare da (alcuni) di loro.. ma comunque non con grandi risultati: loro ora mi rifiutano, si è creato un grande distacco, incolmabile credo, ed è molto difficile condividere momenti e situazioni che anche per me possano essere accettabili, alla luce dell’islam.. Poi ci sono i miei bambini, e questo rende ogni contatto più difficile, perché loro  sarebbero troppo esposti a un ambiente che non può portarci nulla di buono, ma solo generare confusione.

Allahumma guida chi è perso, Allahumma guarisci i nostri mali dell’anima, Allahumma non farci smarrire dopo che ti abbiamo ritrovato, mantienici in questo cammino, aiutaci a sostenerci tra sorelle, crea sorellanza e amore tra di noi, nel Tuo Nome. AMIN.

 
Umm Hamid