Il velo e le
sue sfide
Articolo di
LORRAINE ALI
Pubblicato 11
Giugno 2010
http://www.nytimes.com/2010/06/13/fashion/13veil.html?pagewanted=1&partner=rss&emc=rss
Due bambini
di origine ispanica corsero col fiato mozzato verso la propria mamma. La
femminuccia chiese alla sua mamma in spagnolo: “Perchésono vestite così?” “Islam” rispose la madre, aggiungendo
che le donne erano dell’Arabia Saudita.
“Mi sorprese
più di ogni altra cosa” disse suo padre,
Mohammed Ahmed, che vive a Houston con sua madre, Mervat Ahmed. Egli disse che
aveva allevato le sue figlie con un profondo senso dell’orgoglio per la loro
cultura islamica, ma che non si sarebbe mai aspettato che avrebbero potuto
indossare un hijab, un velo, per non parlare poi del niqab.
Tutto ciò che si vede della signora Ahmed quando
si avventura in compagnia mista, sono soltanto i suoi profondi occhi marroni,
alcune lentiggini sbiadite dove il sole colpisce la punta del naso, e le sue
mani. Soleva uscire di casa in jeans e maglietta (ancora può farlo, sotto il suo jilbab), ma tutto
cambiò dopo gli attacchi dell’11/9. Fu
profondamente scossa dal pensiero che le persone che avevano compiuto atti così terrorizzanti si definissero Musulmani.
“Una donna in
un’auto accanto a me stava facendo dei cenni, suonando il clacson, indicandomi
di abbassare il vetro del finestrino” ella disse: “Tentai di ignorarla, ma alla
fine, entrambe dovemmo fermarci al semaforo. Abbassai il finestrino e mi feci
forza. Poi ella mi disse: “Mi scusi ma il suo burqa è incastrato nella porta” E questo ruppe
il ghiaccio.
Sua sorella
Sarah iniziò ad
indossare il niqab più o meno nello stesso periodo, mentre completava la sua
laurea di ingegneria alla Rice University. La curva di apprendimento era
ripida; entrambe le sorelle trovarono che avevano bisogno di portarsi delle
cannucce per bere in pubblico, ma mangiare era tutta un’altra storia. Una volta
Sarah dimenticò
che stava indossando un niqab e diede un morso ad un cono di gelato.
“Umiliante” ella commentò, scuotendo la testa.
Respirare non
è difficile come si può immaginare, ma Hebah ebbe alcune
difficoltà
di adattamento iniziali.
Ella disse: “Continuai
a smarrire degli oggetti oppure a lasciarli indietro. È come quando indossi i tacchi a spillo
per la prima volta, oppure un reggiseno: non è la cosa più comoda, ma c’è un fine, e credi che quel fine superi il
disagio.”
LE DONNE che
si coprono integralmente, definite niqabate, non rappresentano che una
percentuale piccolissima dei tre fino a sette milioni di musulmani stimati
negli Stati Uniti, eppure hanno impersonificato molto di ciò che gli occidentali trovano alieno nell’Islam.
Nascoste sotto metri di tessuto, rappresentano il promemoria viscerale della
differenza tra l’Est e l’Ovest, ed un segno indisputabile che l’Islam sta
facendosi strada nella cultura americana.
In Francia,
il Presidente Nicolas Sarkozy sta sostenendo una campagna per bandire dagli
uffici pubblici le donne che indossano il niqab, e il suo cugino più conservativo, il burqa, che copre gli
occhi di colei che lo indossa con un leggero velo. Legislazione simile viene
presa in considerazione nella provincia del Quebec e in Belgio.
Negli Stati
Uniti si sono raggiunti punti limite: nel 2006 Ginnah Muhammed, la parte lesa
in un caso di minore importanza a Detroit, rifiutò la richiesta del giudice di togliersi il
niqab durante il processo e dunque il suo caso fu sospeso. Successivamente si
ritrovò alla Corte Suprema del Michigan a
dibattere il diritto di indossare il niqab in tribunale. La Corte Suprema
confermò il verdetto del giudice.
Oltre le
sorelle Ahmed, la signora Muhammed e cinque altre donne niqabate sono state
intervistate per questo articolo. Tutte hanno preso la decisione di indossare
il niqab quando ancora nubili. E sebbene la fede islamica non esige che le
donne si coprano il volto, tutte credono che il niqab gli offra più credito agli occhi di Dio. “Più ti copri, più ti senti vicina a Dio” ha affermato la
signora Muhammed.
Menahal
Begawala, 28, fu allevata nel Queens, figlia di indiani emigrati. Ella iniziò a coprirsi il volto all’età di 19 anni. “Suppongo ci sia una parte
di me che vuole dichiarare a tutti ‘sono musulmana’ ella ha dichiarato.
Ella è un insegnate che adesso vive ad Irving
in Tex. La signorina Begawala ha dichiarato: “Penso di sfidare il mito perché parlo inglese, sono istruita e quella di
coprirmi è una
scelta personale.”
Sarah
Zitterman, che da adolescente era la classica serfista bionda californiana, ha
abbracciato l‘Islam dopo aver vissuto a Zanzibar come studentessa. In Africa
ella si sentiva molto più serena nell’udire la chiamata alla preghiera di quanto
si fosse mai sentita prima con le campane della chiesa a casa a san Diego.
Adesso ha 30 anni ed è madre di tre bambini a Fresno, Calif., la Zitterman ha
affermato che essere bianca e americana ha reso la sua esperienza del niqab un
po’ più facile.
“Spaventa
meno” ella ha affermato: “ ma la cosa più difficile è quando ad essere spaventati sono i
bambini. Se non ci sono uomini in giro, mi scopro il volto e gli dico ‘Hey,
sono solo una mamma vedi?’”
La maggior
parte delle niqabate afferma di aver ricevuto alla moschea locale quasi le
stesse critiche che nel centro commerciale. Molti musulmani americani non amano
essere associati al niqab, affermando che questo conferisce un concetto
sbagliato della loro fede ai non musulmani.
“L’idea di
coprisi il volto è una sfida anche nella nostra comunità” ha affermato Edina Lekovic,
responsabile delle telecomunicazioni del Consiglio degli Affari Pubblici
Musulmani a Los Angeles. “Per i musulmani piu’ tradizionali bisogna vestirsi
modestamente e coprire tutto eccetto mani e volto. Dunque per una donna
indossare il niqab rappresenta andare oltre cio’ a cui invita il Corano”
Sarah e Hebah
Ahmed vivono soltanto a poche miglia di distanza ad East Mountain in
Albuquerque, Hebab in una strada tortuosa con bambini e marito, Zayd Chad
Leseman, un assistente universitarto dell’Universtia’ del New Mexico; Sarah in
una cupola geodetica rurale con suo figlio e suo marito, Yasser Soliman, un
ingegnere di Intel.
Hebah e suo
marito , che viene da Moline, Ill., entrambi laureati all’Università dell’Illinois si incontrarono a
Urbana-Champaign. Quando si sposarono nel 2003, il signor Leseman aveva già abbracciato l’Islam e preso il nome di
Zayd. La gente appariva spesso confusa alla vista della coppia, ella ci ha
raccontato, in quanto suo marito sembra “bianco, normale, medio-occidentale,
che però si accompagna ad una donna completamente
coperta e scura (si può dire già dagli occhi)”. Ella rise e aggiunse: “Si
chiederanno dove mi abbia comprata”.
Il Signor
Leseman sostiene la decisione di sua moglie di indossare il niqab: “Sono
orgoglioso della convinzione di mia moglie, ma apparire in pubblico prevede
degli adattamenti visto gli sguardi e i commenti” egli ha affermato.
Una volta,
continuò raccontando: “Volevamo andare ad una
partita di softball (sport simile al baseball) in cui giocava mia sorella e mia
madre disse: ‘Che bello! Ma Hebah dovrà restare in macchina’. La gente pensa che
poiché il suo volto è coperto, lo sono anche i suoi
sentimenti!”
Le sorelle
guidano per una mezz’oretta verso Alburquerque alcune volte a settimana per
raggiungere un fruttivendolo, partecipare alla preghiera al Centro Islamico del
New Mexico, e bere dei frullati al Satellite Coffee.
Il
portabagagli dell’auto di Hebah è pieno zeppo di opuscoli sull’Islam,
traduzioni in inglese del Corano e barrette granola per i suoi bambini.
Quando si
tratta di aver a che fare con il pubblico, è un ambasciatrice in niqab, socievole ed
estroversa. “Considero le discussioni con le persone un’opportunità per spiegare chi io sia, e magari
spargere un po’ di luce sull’Islam” Hebah ha affermato: “Se conoscessero di più me e la mia fede, sono sicura che
penserebbero diversamente”
Ella è solita spiegare che un niqab non è un burqua e che no, non lo indossa anche
in casa. In uno scenario tutto al femminile come in Curves, non si sarebbe in
grado di identificare chi sia tra tutte quelle in tenuta sportiva la donna che
fuori indossa un niqab. Fa un po’ caldino sotto il jilbaba, ma come Sarah ha
spiegato si crea “una sorta di aria condizionata a circuito che fa circolare
aria fresca”.
Hebah è così abituata agli abiti che indossa, che
spesso se ne dimentica. “Qualche volta passa un ragazzo che mi sta osservando e
mi sento come se mi stesse squadrando” ella disse:”Poi mi buttò un’occhiata riflettendomi in una
finestra e mi rassicuro dicendo “tutto ok”.
Mentre stava
guidando sull’Interstatale 40, conducendo verso casa, la signora Ahmed,
incastra il suo cellulare tra il velo e l’orecchio, e poi scherzando “Guarda,
un congegno senza mani!” Sarah ruotò gli occhi indietro.
Ci sono varii
tipi di niqab, Hebah spiegò tirandone fuori almeno mezza dozzina dall’armadio.
Fece spazio sul letto spostando la sua copia, orami ridotta male dal troppo uso
evidentemente, di “Gli uomini provengono da Marte, le donne da Venere”.
I suoi niqab
sono stati cuciti da una sarta in Egitto che ella incontrò visitando dei parenti, ma molte donne
niqabate americane comprano i loro accessori online. “Non puoi trovarli qua,“Hebah
ha affermato:” Voglio dire quelli che si trovano al negozio halal locale sono
orrendi”.
Mentre
rovistava tra i veli, Khadijah se ne legò uno attorno alla vita e piroettò come una ballerina. Le donne musulmane
aspettano di solito fino alla pubertà per celare in pubblico capelli e corpo,
ma Khadijah ama indossare il velo per gioco, specialmente quello rosa che
luccica.
Hebah ha
dichiarato che desidera che Khadijah “diventi una donna sicura di sé che non sia né vittimizzata néabusata”. Ella spiegò: “Per me, il miglior modo di ottenere
questo, è di fare quello che io faccio, ma non
soltanto perchémamma
le ha detto di farlo, ma perché ne sia veramente convinta. Alla fine, sarà da sola davanti a Dio”.
Quando ricordò che il suo è un cammino tortuoso, e che sarebbe lo
stesso per sua figlia, la signora Ahmed si fermò a riflettere, poi iniziò a piangere.
“La gente non
capisce” ella ha detto, asciugandosi le lacrime con un orlo della sua manica: “Noi
siamo molto forti, ma ha un prezzo. Qualche volta pensi vorrei soltanto
riposare”.
Sarah, aiutando
sua sorella, intervenne: “Pensiamo al Paradiso a quel punto. Il Paradiso è dove noi riposeremo. Questo è quello che ci dà la forza di affrontare la situazione.”
Traduzione ed
adattamento di Cinzia Amatullah